LA CONVIVIALITÀ DELLE DIFFERENZE
Ogni anno migliaia di persone si
allontanano dai propri luoghi di origine in cerca di lavoro, per sfuggire alla
povertà, alle guerre, alle catastrofi; altre, invece, spinte da cause di tipo
sociale e culturale, come il desiderio di emancipazione o di ricongiungersi ai
propri familiari.
Da pochi giorni sono arrivati in
città circa 60 uomini, tra i 18 e i 30 anni, originari del Mali, Senegal,
Camerum, Gambia e Ghana, scappati dai propri Paesi e da una vita segnata dalla
povertà o dalla guerra. Alloggiano al Vel Marì, struttura gestita da una cooperativa sociale, "La Luna", che sta
portando avanti un progetto di integrazione degli immigrati attraverso corsi di
formazione e didattica.
La libertà di emigrare è
riconosciuta come diritto umano fondamentale attraverso l'adozione da parte
dell'ONU della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948), ma
raramente è rispettata.
Una certa confusione accompagna
l'uso comune dei termini connessi al fenomeno migratorio, sarebbe semplicemente
buon senso informarsi adeguatamente per utilizzare un linguaggio corretto e
condiviso. Con amarezza leggo, invece, commenti “incommentabili” (scusate il
gioco di parole) sulla presenza ad Alghero di queste persone.
Secondo l'ONU migrante è "una persona che si è
trasferita in un altro paese alla ricerca di un lavoro o di una vita migliore;
è riconosciuto come rifugiato dalla
Convenzione di Ginevra del 1951 colui che, temendo a ragione di essere
perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un
determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori dal
paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore,
avvalersi della protezione di questo paese. È invece profugo chi è costretto a lasciare il proprio paese a causa di
guerre, persecuzioni, violazioni dei diritti umani e catastrofi, senza tuttavia
avere il riconoscimento dello status di rifugiato.
Richiedente asilo
è colui che, lasciato il proprio paese e avendo presentato la domanda d'asilo,
è in attesa di una risposta da parte delle autorità dello Stato ospitante in
merito al riconoscimento dello status di rifugiato.
Credo che una comunità matura
debba distinguersi nel ridimensionare le logiche di contrapposizione, nel costruire
l’armonia piuttosto che alimentare la discordia, nell’affermare la dignità di
ciascuna persona umana piuttosto che fomentare una sterile e immotivata contrapposizione, nell’esercitare la solidarietà anziché fomentare l’odio e il sospetto.
Mi vengono in mente le parole,
sempre attuali, di Mons. Tonino Bello: «Il
genere umano è chiamato a vivere sulla terra ciò che le tre Persone divine
vivono nel cielo: la convivialità delle differenze. Che significa?(…) Sulla
terra, gli uomini sono chiamati a vivere secondo questo archetipo trinitario: a
mettere, cioè, tutto in comunione sul tavolo della stessa umanità, trattenendo
per sé solo ciò che fa parte del proprio identikit personale. Vorremmo osservare, di passaggio, che la
stessa espressione con cui possiamo descrivere il mistero trinitario serve
anche per descrivere la pace: convivialità delle differenze. (…)Pace non è la
semplice distruzione delle armi. Ma non è neppure l’equa distribuzione dei pani
a tutti i commensali della terra. Pace è mangiare il proprio pane a tavola
insieme con i fratelli. Convivialità delle differenze, appunto».
Per saperne di più:
http://cir-onlus.org/index.php?option=com_content&view=article&id=13&Itemid=154&lang=it
http://www.unimondo.org/Guide/Diritti-umani/Rifugiati/(desc)/show
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